martedì 8 novembre 2016

Assistenti vocali e riga di comando

  
 
Google Home
Che somiglianza può esserci tra un assistente vocale e una riga di comando? Cioè, tra l’interfaccia informatica più recente e intuitiva e quella più antica e controintuitiva? Più di quelle che si potrebbe pensare, si scopre leggendo un approfondito articolo (pubblicato il 3 novembre da Ars Technica) che discute le funzionalità e i limiti di Google Home: Google Home review: A step forward for hotwords, a step backward in capability.
 
L’autore, Ron Amadeo, nota molte altre cose su Google Home. Per esempio, che diverse funzioni disponibili sui telefoni Pixel non sono presenti in Google Home, anche se il sistema alle spalle, Google Assistant, è lo stesso. Come mai? In parte per ragioni di praticità, in parte per motivi poco chiari. Tuttavia, per me la sezione più interessante dell’articolo è stata quella che riguarda i “Command line problems without comprehensive documentation”. Cioè un problema che ho incontrato spesso: senza manuale di istruzioni è molto difficile capire che cosa un assistente vocale può o non può fare. Per questo proliferano le liste di funzioni  e qualche esempio, anche se non a scopi pratici, si è visto anche su questo blog.
 
Alla radice c’è una moda della comunicazione contemporanea: il divieto di creare manuali di istruzioni. Questa è un’ottima linea guida per applicazioni semplici e con pochi parametri, soprattutto nel caso di un uso occasionale. Tuttavia, quando si devono eseguire compiti complessi, è molto importante avere indicazioni chiare e facilmente reperibili. Anche solo rimanendo nell’ambito dei servizi on-line, se ci si deve iscrivere a un corso di laurea occorre sapere un bel po’ di cose e leggere un bel po’ di informazioni. Se si deve consultare un catalogo di biblioteca alla ricerca di una pubblicazione precisa, tra pubblicazioni che hanno titoli simili o sono opera dello stesso autore, un’interfaccia specializzata può essere indispensabile. E così via. La tendenza a progettare interfacce ipersemplificate (“col gufetto”, come le chiamo io) ha senso solo davanti a compiti ipersemplici. Per attività complesse semplicemente non funziona.
 
Non funziona, però, nemmeno con gli attuali assistenti vocali. Per un programma su computer, perfino un’interfaccia semplificata fornisce almeno qualche indicazione grafica su ciò che si può fare. Con un’interfaccia vocale le cose non funzionano così. Paradossalmente, nota Amadeo, questo riporta gli utenti a una condizione simile a quella delle vecchie interfacce a riga di comando:
 
Using Google Home is a lot like using a command line. With no real interface to speak of, you have an infinite amount of input possibilities—you can say anything to Google Home, and you can type anything into a command line—but getting anything done relies on knowing what commands will actually do something. If you sit down in front of a command line system you've never seen before, you could blindly enter commands into the terminal and hope to hit on something, but you'll quickly find the command line is only as good as the documentation surrounding it.
 
Google è una delle aziende più redditizie del mondo e non avrebbe certo problemi a trovare i fondi per migliorare i servizi: l’anno scorso ha avuto un utile di 16 miliardi di dollari. Tuttavia, non è nuova a questo genere di problemi. Per esempio, con Google in linea strumenti che consentano di trovare libri in modo efficiente dal punto di vista del lettore: la lunga storia di Google Libri è una storia di grandi risultati tecnologici e immense frustrazioni da parte degli utenti. Non sarei sorpreso se la storia si dovesse ripetere e le grandi potenzialità di uno strumento rimanessero prive di utenti semplicemente perché gli utenti non hanno modo di capire in che modo funziona lo strumento stesso.
 

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